Il primo giugno 1914 nacque ufficialmente il comitato locale della Croce Rossa e il dottor Francesco Pezza ne assunse l’incarico di delegato. Attraverso le sue parole, con linguag-gio ora arcaico, viene descritta la fondazione di uno dei più antichi comitati della Croce Rossa della nostra provincia. La nascita della CRI di Mortara, come appare dal racconto di Pezza, ha come unico scopo il soccorso dei militari feriti in guerra. Se l’entusiasmo per la guerra da parte del-l’allora presidente fondatore può apparire oggi eccessivo, assurdo e assolutamente fuori dai nostri schemi, è tuttavia da notare il grande spirito patriottico, ormai scomparso, che caratterizzava l’inizio del secolo XX. Proprio da questi ideali nacque in tutta la Lomellina l’assistenza sanitaria organizzata per i militari. Ricordiamo che negli ospedali militari della CRI furono curati ventimila soldati feriti, appartenenti a tutte le nazioni coinvolte nel conflitto, nel rispetto delle convenzioni di Ginevra, che impongono di considerare un militare ferito non un nemico, ma solo una persona da assistere e curare con la massima attenzione. Bisogna rilevare anche che, grazie soprattutto all’uso dell’innovativo apparecchio radioscopico, la mortalità negli ospedali fu bassissima: centotrentasette morti su ventimila ricoverati. Al termine della prima guerra mondiale, l’esperienza di coloro che avevano agito durante il conflitto fu utile per la prosecuzione, in tempi civili, dell’opera sanitaria. Come si evin-ce dal racconto di Pezza, tutte le attrezzature (basti ricordare proprio l’innovativo appa-recchio radioscopico) e il materiale ricevuto dalla CRI mortarese per i suoi tredici ospe-dali, furono completamente devoluti a favore degli ospedali civili. Mortara è stata dunque un luogo di sofferenza, ma soprattutto di guarigione. E il tutto è avvenuto sotto l’egida della nostra bandiera: la Croce Rossa su fondo bianco e il vessillo del comitato, che ha superato ormai i suoi ottantacinque anni di vita. Citiamo qui, senza modifica alcuna, il testo originale dello storico Francesco Pezza, in un suo scritto a ricordo della moglie Bettina (In memoria della mia Bettina, pubblicato nel 1953).